Lui, la notte, non dormiva mai. Da bravo panettiere selezionava, con cura, le farine migliori, impastava pane e focacce, assisteva paziente al trionfo dei lieviti. Terminava quel lavoro onesto alle prime luci dell’alba quando infornava le sue creature e aspettava che la sua opera si compisse.
Andava avanti così da tanto tempo che ora, a dire il vero, gli sembrava normale star sveglio ogni notte. Figurarsi quella di Natale che poi, per ritrovarne una così, tutta sua, senza l’obbligo di tenere d’occhio il pane, avrebbe dovuto aspettare un altro anno.
Era meglio darsi da fare allora.
Ogni notte può essere magica, sia chiaro, ma per lui quella di Natale era davvero speciale. E poi le ricordava tutte le sue notti di Natale. Perché? Perché non aveva mai dormito, ovvio!In compenso, quand’era bambino, aveva fatto finta e i suoi genitori c’erano cascati.
-Guarda come dorme! Chissà cosa sogna!- li aveva sentiti sussurrare più volte mentre disponevano i pacchi dei regali sotto l’albero.
Lui restava lì, immobile, nel suo lettino e, nel frattempo, sbirciava tra le ombre cercando d’indovinare il contenuto della scatola più grande. A volte c’era riuscito, altre no, ma questo era stato per anni il gioco più bello in quella lunga notte rischiarata dalle luci intermittenti dell’albero.
Una volta, in un enorme pacco blu, aveva trovato un cane di peluche, anche se lui ne aveva chiesto uno vero che gli facesse compagnia. L’anno successivo era nato suo fratello e, per farlo, aveva scelto proprio la notte di Natale.
Strano gioco del destino: da allora era diventato ufficialmente grande e nessuno aveva più preteso che dormisse la notte di Natale.
Negli anni poi non aveva più trovato pacchi sorpresa sotto l’albero, anche se gli sarebbero piaciuti, ma c’erano stati tanti momenti belli a scaldargli il cuore…
Il primo Natale in montagna, nella baita sotto la pista da sci, l’incontro con Marisa, la fiaccolata in notturna con i suoi ragazzi, l’albero di Natale, quello vero, con i fiocchi di velluto rosso, e quel freddo birbone, da far battere i denti, davanti al camino. C’era stato perfino un Natale in cui aveva programmato un viaggio: lui e Marisa da soli, dopo tanto tempo, fatto di lavoro e speranze. E, invece, si erano ammalati tutti e due così a quel viaggio ci avevano proprio dovuto rinunciare, per starsene a letto, a smaltire un febbrone da cavallo.
Tutti regali della vita che ora gli sembrava sapessero proprio di buono come il suo pane e le sue focacce.
-Sei pronto?-
La voce dentro di sé lo scosse d’un tratto.
-Certo- disse.
Guardò l’orologio, ancora qualche minuto e sarebbe scoccata la mezzanotte.
Si aggiustò la barba posticcia e si guardò allo specchio: il costume di Babbo Natale gli calzava a pennello, prese il grosso sacco di iuta con le sorprese che aveva preparato, e uscì.
I regali bisogna saperli restituire e non c’era notte migliore di quella.
Orietta Giardi è laureata in lettere. Insegna, passeggia con il cane, ama il teatro.
Scrive per passione e per il piacere di condividere le sue emozioni.