Notte vicina – Racconto di Gioacchino Caruso

Una parola è poca, due sono troppe.

Rientrai tardi quella notte, mi mis ia letto senza giocare alla play, e senza pensare alla vicina. Mi destò però dal primo sonno il tramestio che ella faceva. Udii muovere una sedia, aprirsi l’armadio, la finestra fu chiusa con una certa violenza; ebbi l’impressione da certi fruscii che solo allora la vicina si spogliasse per andare a letto. La faccenda mi tenne un po’ sveglio, ma poi non ci pensai più…

Girai la faccia verso la finestra e dissi: “Pronta?” Ed eccoci insieme levati nell’aria della notte in un volo rapido, silenzioso, in un equilibrio che non mi costava nessuno sforzo, come scendessi in bicicletta, a ruota libera, per una strada liscia. Vidi sotto di me l’Adriatico e la luna in esso riflessa. Dopo non so quanto tempo, una riva.

Ella era una donna sportiva. Correva 42 chilometri e 195 metri senza sforzo, poteva trangugiare litri di vino durante il giorno, folleggiare la notte, e la mattina dopo, perfettamente sobria e sveglia, centrare un piattello in tutte le specialità del tiro al volo. La sua vista acuta e la sua fermezza di braccio suscitavano l’invidia di tutti i maschietti e la sua prontezza di riflessi, anche nelle risposte, metteva a tacere ogni discussione su di lei!

La lunga notte vicina. Nemmanco immaginate cosa io abbia avuto a vedere! Nemmeno immaginate cosa faccia la gente quando pensa di non essere osservata, soprattutto le donne, specialmente se sono due donne!

Gioacchino è il mio nome ed è inutile che vi dica che ella non mi  ha mai chiamato così se non durante il mio pazzo sogno o visione della notte; non m’ero mai presentato col mio nome, anzi dovevo supporre che lei non lo avesse mai conosciuto.

Fui in delirio ini stanza quella notte, la notte della mia allucinazione, in preda ai fumi dell’alcool, in una notte senza sonno ma pregna di sogni…

 

Qui conosciuto avea tale Donna Lisa , da tutti nomata Gioconda, che a caro prezzo di sé mercato facea. Io ero all’epoca di anni diciotto e di molto poco praticante nell’esercizio de le femmine. Con la Gioconda mercanteggiato ho lo prezzo di una notte intiera e venuta l’ora ed in stanza sua resomi, ella non femmi trovare che le belli carni sue, de le cui io avea desio. Gioconda, alquanto ignuda, stavasi sopra lo petto mio. Et io redutto era in camicia e brachette. Fu allora che ella proposemi di praticar secolei sopra lo letto. Io avrei isguardato ella, ché tal cosa era assai piacevole et Gioconda giulivamente alzossi e chinossi in avanti. Ci giacemmo insino a jorno fatto. Risentii da le mano propagarsi in tutto mio essere quel languor de sensi che provasi dopo aver con femmina pratticato.

Giro di notte con le anime perse

della famiglia io sono il ribelle

vendimi l’anima e ti mando alle stelle…

Gioacchino Caruso

 

Gioacchino Caruso nasce a Bolzano. Frequenta l’Istituto Tecnico per Geometri conseguendo il diploma. Il dubbio che l’essere umano poco o nulla abbia in comune con gli “abitanti” originari della Terra, costituisce l’elemento essenziale della sua poetica adulta. Compone versi umanissimi e umanamente vissuti, ascoltando con cuore attento e vigile le voci che gli giungono dal suo mondo interiore. Ci sono nel cielo della sua poesia i petali dell’amore, i veli della malinconia, il sorriso di mille e mille ali dilatate ai confini della vita… I versi sono inoltre profondi e densi di pensieri, vibranti di una buona armonia.