Perché ho lasciato un poeta – Racconto di Marinella Lombardi

Buio.

Che ore sono? Le cinque.

Cazzo!

Tu dormi e io son desta.

A vegliare sul tuo sonno claudicante. Dannazione!

Allora scrivo, come ti parlerei, se sapessi parlare.

 

Caro poeta,

è la tua pelle magnetica a tenermi desta.

E le parole complici che sussurri.

E la tua bocca sulla mia bocca e le labbra senza retrogusto di sigaretta, anche se fumi.

E le tue dita che mi sfogliano in fretta, come un libro, per giungere alla conclusione.

Accidentaccio a te, poeta, ché riesci a dire quello che anch’io sento e in gola muore.

 

Caro poeta,

per cercare l’amore, impara a ballare.

Con me segui, il movimento. La salsa e il merengue.

Sensuali, avvolgenti, come le parole con cui imbavagli il tempo.

 

Caro poeta,

scrivi d’amore e lo sai che sono tutte stronzate da anime candide.

Tu che mi abbracci, il calore sotto la veste, la mano nella morsa della camicia e poi serpe in un anfratto di parole e odori informi.

 

Albeggia.

Tu dormi e non scorgi la luce dalla persiana.

Maledizione, poeta!

Allora scrivo quel che una donna vorrebbe sentirsi dire, a quest’ora.

 

E come l’alba

nei tuoi occhi scorgo,

in un attimo

del mondo

il segreto colgo.

 

Che ti dico…ho scritto una poesia: la prima, in rima.

E non me ne frega niente!

Puoi riciclarla per un’altra, caro poeta.

E ringraziami, nessun problema!

Sai, una vita con te, che russi, finalmente svuotato da tutte le parole che sul groppone mi pesano, non è per me.  

A me piace ballare, divertirmi e dormire; e accanto a te,

c’è poco da fare, alla fine o si tromba o si scrive!

Marinella Lombardi

Marinella Lombardi (Forlì, 1969) vive a Bologna. Suona il pianoforte, legge libri di narrativa, poesia e storia, e adora viaggiare.