Suffissi – Racconto di Fabio Lelli
L’avevano chiamato in molti quella notte. Sussurravano da più angolazioni, ai diversi lati del suo corpo. E sorprendentemente col suo soprannome delle superiori, quella storpiatura ovattata del cognome, che terminava in -o:
-o -o -o
-ohh –o -”o” -o! –o -o
-oooo -o
-o?
-oho –o
così realmente soffianti da increspare la pelle. Si svegliò completamente. Le voci sparirono in un minimo interstizio.
Sorse da un incavo onirico, sagomato della sua figura nel materasso di schiuma, di lattice.
Rimanevano le ottave. In un fruscio di vestaglia invernale, e qualche inciampo su bigi ostacoletti notturni incomprensibili, si sedette al piano, senza alcuna luce.
Rimanevano le ottave, e le triplette che vi si agganciavano senza netta sincronizzazione, e le dita non accettavano in fretta come il pensiero. Le tastò per prova, quel ritmo zoppicante che non lo aveva abbandonato per tutta la notte fino alla chiamata multidimensionale delle voci in “-o”, e sentì, prima a mani separate, poi unite, la grana della stoffa nei polpastrelli. Dormiva ancora, diteggiava il lenzuolo con gli angoli.
Sorse da un incavo onirico, sagomato della sua figura nel materasso di schiuma, di lattice. In un fruscio di vestaglia invernale, e qualche inciampo su bigi ostacoletti notturni incomprensibili, si sedette al piano, senza alcuna luce. Le ottave, le triplette, senza vederle spaventose nei ghiribizzi della carta da musica, sembravano scappare in giusto ordine, nelle falangi. Era piano, pianissimo, ma giusto, finalmente.
Scrosciarono dalle veneziane luminose caramelle di sole, sciolte d’impeto da un profluvio di salgemma profumato dall’aria pulita di alba fredda. Stanato dal mattino, torna a letto, passandole il braccio da un lato all’altro del corpo. E lei quel braccio lo suona, in punta di polpastrelli, sfiorandone vene e tendini, in morbide note allungate.
Fabio Lelli
Laureato in filosofia molti anni fa, passato dalla filosofia all’informatica all’archivistica. Chissà cosa sarà la prossima. Scrivo poco, e qualcosa, di quel poco, l’ho pubblicato in passato.