Ancora: un’altra notte in bianco, no! Già mi è indigeribile il grigio mercantile delle notti bianche. Figuriamoci quelle in iride centrifugato e pure gratis.
Va bene che là fuori i lupi hanno denti sempre più affilati. Va bene pure che la stronza ha detto di non volermi più vedere. Va bene adrenalinico che la prossima settimana c’è la nuova ferrata. Va meglio che è tornato Malaussène e pure con Julius. Ma queste emozioni, in stretto ordine crescente di rilevanza, non possono ancora togliermi il sonno, perdinci! E poi c’è sempre quel bastardo che ride di me davanti allo specchio: se prima o poi lo becco mi dimetto da pacifista il tempo necessario.
Ma ora che esclamazione uso per enfatizzare il disagio invitto di una nuova notte insonne e farmi un po’ ruffiano come uno dei tanti commissari di carta o di palinsesto? Ecco, devo trovare un sinonimo inusuale del genitale maschile: funziona sempre.
Ma perché non prendo sonno? Ho fatto tutte le cose a modo. Ho cenato presto, mi son tenuto leggero e bevuto la tisana. La pastiglia, la pastiglia!? Sì, sì, l’ho presa, così anche il tributo all’impero chimico è officiato. E allora perché non mi addormento? Che poi la soluzione la so. Devo rappacificarmi con l’ex. Ma no, cosa avete capito. Sarà il sonno più che l’insonnia ad avermi inserito il refuso dell’ex. Quella stronza. -Devo seguire la mia strada-, trenta minuti prima di asportare la barra del telepass. Con la mia ibrida. -La prendo ancora stasera, non ti dispiace, vero?-.
Comunque in luogo dell’ex intendevo l’es. Due volte, stronzo, quello. Che se lo becco, beh, l’ho già detto prima. Quindi che faccio? Almeno mi fosse concesso quel tipo di dormiveglia, magari sudaticcio, non sempre gemellato ai liquidi alcolici serali assunti, che offre a volte improvvise trame di narrazioni epiche ed epocali. Stavolta giuro che vincerei pigrizia e me le appunterei.
Le narrazioni: l’ultima invenzione per fotterci. Perfettamente riuscita. Narrare è diventata una fregatura. Raccontare, bisogna raccontare. Cosa? Tutto. Le ricchezze sguaiate, gli egotismi perversi, gli sfruttatori e le vittime. Sì, sì, sono retorico e populista, ma provate voi. Provate a tornare a Jack London. Ci siamo già dentro da un pezzo. Sangue, sangue, sangue: ne scorrerà a megabyte quando smetteremo di fingere di non accorgercene. Capendo che la colpa è stata tutta nostra. E sulla tua bella bandiera, Pier Paolo, continuano a pisciarci sopra.
Però no, pietà, un’altra notte in bianco, no, per favore! A leggere non ci riesco, mi sale il freddo. Se bevo… come già non bastassero le volte che lo stress mi conduce in bagno! Non fumo, quindi non posso neppure provare a bruciarmi vivo inavvertitamente nel materasso. Anche se Jan è il mio secondo nome. E forse è un peccato, magari un po’ di fumo mi rilasserebbe. Ecco cosa devo fare se voglio prender sonno, devo calmarmi. Sì, devo calmarmi, perdinci. Devo calmarmi ché almeno qualche ora devo dormire. Altrimenti domattina come faccio a resistere in quel cubicolo dove persino Dilbert si arrenderebbe depresso.
Ma cos’è stato? Un rumore? Ma no, dai, forse ho sognato. Di nuovo! Eh. manca solo che entrino i ladri e mi trovino sveglio. Riderebbero della mia insonnia o prenderebbero male la mia reazione? Già me li immagino i titoli che non leggerei: ‘Ucciso per un altimetro -indagini incerte tra zingari e migranti-‘ Epperò il rumore si alza e si avanza, allora sono proprio i la…
DRIN! DRIIN!! DRIIIN!!!
‘Azz, è già ora! Niente, devo alzarmi. Però ricordo tutto, come se non avessi chiuso occhio un minuto. Tutta la notte.
Marino Tarizzo
Marino Tarizzo è nato nello stesso giorno di Amnesty International, nell’anno della rivoluzione dell’isola che non c’è. Di ciò non si cruccia affatto anche se lo scorrere del tempo lo fa persuaso che non gli sarebbe spiaciuto nascere lo stesso giorno ed anno di Emergency. Dove sia nato non rileva, e comunque l’evento è avvenuto dalle parti del torto, in provincia di Torino.
Per quanto di indole assolutamente pacifica, a differenza di Amnesty, non ha vinto il Nobel. Finora, almeno.